Conversazione con Piero Zuccaro di Marina Pisoni, estate 2009.

MP
Quando e perché ha deciso di avvicinarsi a
questo mondo, alla pittura?

PZ
Mi sono iscritto all’Istituto d’arte di Catania, avevo un interesse in quel periodo per la pittura come lo si può avere alle scuole superiori. Studiavo anche danza classica con la coreografa Donatella Capraro. Approfondendo contemporaneamente due discipline così spartane come la pittura e la danza, è stato un periodo di formazione intenso per me, e di crescita. Più in là sentii che la pittura mi assorbiva completamente e quindi mi iscrissi all’ accademia di belle arti di Catania, dove incontrai il maestro Franco Sarnari che seguì il mio lavoro, aiutandomi a crescere nella mia ricerca con preziosi consigli e suggerimenti. Mi ritengo un’ artista fortunato per l’incontro che ho avuto con maestri straordinari, della pittura, della danza, e della musica, con i quali ho una certa frequentazione che aggiunge linfa vitale alla mia ricerca quotidiana.

MP
Quali sono le sue fonti d’ispirazione?

PZ
Io parto sempre da un emozione che scaturisce dall’osservazione della realtà. In particolare ho ricevuto emozioni osservando l’immagine riflessa sui vetri antichi delle finestre o sull’acqua scura del porto. Mi sono occupato delle architetture riflesse che ho chiamato “Pietre nel cielo”, dove il mio interesse era indirizzato ad osservare il rapporto tra un elemento solido, le pietre delle architetture, e l’aria o l’acqua, elemento trasparente. La luce cangiante, frantuma l’oggetto riflesso, restituendolo sotto una nuova forma. Nel riflesso la luce annulla alcune cose e ne fa emergere altre, si creano ombre che si contraddicono fra loro, insomma si viene a creare una nuova realtà.
Da tempo osservo anche il riflesso di un soggetto sull’acqua. Negli ultimi anni ho sentito il bisogno di guardare anche la realtà visiva che c’è sotto il mare. Ho visionato dei filmati, oppure io stesso ho fatto delle immagini sott’acqua; mi interessa non tanto il fondale marino, ma gli elementi che si depositano su di esso, come ad esempio parti di oggetti che genericamente possiamo chiamare frammenti di relitti. L’elemento visivo che mi affascina è il frantumarsi dell’oggetto e con l’azione degli elementi naturali come la sabbia, l’erosione, la luce che cambia di continuo, concorrono a creare una nuova realtà, misteriosa e soprattutto poetica.
Questo primo disfacimento del soggetto che avviene naturalmente, viene a sua volta filtrato dall’emozione, e seguendo le necessità pittoriche viene ricomposto sulla tela. Nel quadro troviamo quindi nuovi elementi rappresentati che comunque portano con se l’impronta della realtà di partenza.

MP
Può descrivere la tecnica che utilizza per dipingere?

P.Z
Inizio il lavoro disegnando con la fusaggine, un carboncino abbastanza morbido, sulla tela di misto lino preparata precedentemente con una mano di colla di coniglio, senza usare l’imprimitura bianca, in modo da lasciare a vista il colore naturale e la trama del tessuto. La trama della superficie è per me già un rapporto di materia, una leggera vibrazione di colore e di luce. Ho scoperto questo procedimento, osservando il modo di lavorare del maestro Attilio Forgioli, nel suo studio di Milano. Per me fu un insegnamento fondamentale, ed ancora oggi, imposto un lavoro partendo con colori ad olio diluiti con essenza di trementina. Il colore liquido dato a piccoli tocchi si fonde con il nero della fusaggine creando già una prima strutturare dell’immagine, con micro rapporti di materia.
Il dipinto si arricchisce via via con strati di piccole pennellate dettate dall’ emozione. E’ un crescendo di spessori, con il colore dato infine a spatola o con la stecca del pennello. L’uso del colore a pasta mi deriva dallo studio dei dipinti di Ennio Morlotti e di Nicolas De Stael. Negli ultimi anni, il procedimento si è arricchito di nuovi elementi, come la velatura di colore trasparente sulla materia asciutta.

MP
Quanto e in che modo la sua sicilianità influisce (se influisce) sul suo lavoro?

PZ
Amo la Sicilia ma non so quanto di questo mio amore passi nella mia pittura. L’idea di sicilianità che molti hanno spesso è uno stereotipo. L’essenza della Sicilia la ritrovo, per esempio, quando guardo l’Annunciata di Antonello da Messina: lì ritrovo me stesso, il mio essere. In quest’opera c’è distanza, c’è razionalità, equilibrio. È un cristallo perfetto, che con l’azzurro del manto e l’incarnato della Vergine, sono una sintesi perfetta dei colori di questa terra. Per me sicilianità è tutto questo, e mi auguro di tendere con il mio lavoro verso questo tipo di essenza.

MP
Oggi che senso ha fare arte e quale valore aggiunto può dare alla nostra vita sempre più schiava di internet e dei media?

PZ
Penso che l’arte sia un bisogno primario dell’uomo, anche se spesso egli dimentica di cosa abbia veramente bisogno. Perché oggi l’uomo dovrebbe fare a meno dell’arte o della spiritualità?
Internet non è né buono né cattivo, è uno strumento che può alienare la vita come semplificarla. L’arte non ha un progresso come la scienza; muta nel tempo, pur rimanendo uguale nell’essenza. Certa tecnica o certe volontà possono allontanare l’uomo dalla disponibilità all’ascolto, ecco il perché dell’importanza dell’arte oggi. Una muta presenza che aspetta di essere colta.

Intervista di Marina Pisoni a Piero Zuccaro, in catalogo edito da SilvanaEditoriale, della mostra Italia Dipinta, Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM, Milano, dicembre 2009.