Sebbene soggetta a periodici ostracismi, la pittura attraversa tutto il 900 e la contemporaneità.
Una caratteristica di questo passaggio è la sempre maggiore importanza della geografia. Questo accade specialmente nel secondo dopoguerra, quando gli artisti americani rivendicano una identità nazionale e “sublime” pur nei confronti di una società, dell’epoca, priva di sublimità (si pensi al saggio “The Sublime is now” di Barnett Newman).
Per gli artisti dell’espressionismo astratto o di Color Field, la pittura manifesta soprattutto “emozione” in un incontro con lo spettatore in cui il quadro diventa lo strumento per una sorta di “attrazione romantica” se non di vero e proprio misticismo.
In Italia, il ritorno alla pittura è legato al movimento della Transavanguardia, che secondo il suo promotore Achille Bonito Oliva, ha corrispondenze e sintomatologie affini con il quasi contemporaneo neoespressionismo tedesco.
È dunque, sintomatico, come persino oggi un artista o un gruppo di artisti che dipinge siano legati ad una scuola ma soprattutto ad un luogo; e che il luogo si presenti come una sorta di carta d’identità o passaporto per eventuali passaggi o spostamenti (si veda, come esempio, quella che recentemente è stata definita la “scuola di Dresda”).
La pittura di Piero Zuccaro ha origine, ma forse è meglio dire ha come riferimento quella che è stata definita la “Scuola di Scicli”; una scuola di fatto, che ha in Guccione e Sarnari i suoi modelli.
Come notava lo stesso Guccione, nel testo introduttivo ad un catalogo di Piero Zuccaro, la pittura (l’arte) è essenzialmente “emozione” e l’artista diffidava di qualsiasi deformazione concettuale o concettosa che ordinariamente s’insinua nella definizione dell’esperienza artistica.
Zuccaro pratica, infatti, una pittura di paesaggio (o di architetture).
Un paesaggio che si cancella come figura, sotto i vari e densi paesaggi di colore.
In un suo celebre saggio,What do pictures want? (2005), W.J.T. Mitchell si interroga, in maniera non retorica sulla vita e sull’amore (o desiderio) delle immagini (picture in realtà è una figura con supporto).
Mitchell, opportunamente, sposta l’interpretazione tradizionale delle “immagini” come oggetti passivi, inerti. Le immagini sono osservate come soggetti attivi, come forme di un processo che suscita desideri e pulsioni; ed è per questo motivo che dovremmo prestare attenzione a ciò che le immagini vogliono.
Questo diverso atteggiamento dello spettatore (prima ancora che del critico) si rende ancor più evidente e disponibile, nei quadri di Zuccaro ove una pervicace insistenza sulla materia pittorica (Albers definiva la “materia” pittorica la “ sostanza di ciò che accade”) nasconde od offusca il paesaggio o il soggetto. In questo caso, una geografia di partenza (Scicli o la Sicilia) si trasforma in uno strumento d’identificazione ma anche e soprattutto per una emozionata o sentimentale archeologia indiziaria di una immagine.
Giovanni Iovane
Piero Zuccaro, in catalogo della mostra Sicilia sopra tutti, edizioni Publinews, Galleria D’Arte Contemporanea Montevergini, Siracusa.