Conversazione breve

Con la conclusione del mio percorso di studi, ho voluto fortemente riportare una breve intervista sottoposta a Piero Zuccaro, artista e mio caro maestro sin dai primi anni Accademici, con domande che ripercorrono in linea generale le diverse tematiche trattate.

 

Ciao Piero

F.S. 1 Osservando la tua produzione, ho potuto notare che raramente fai riferimento alla corporeità umana. Che rapporto hai con la corporeità e la raffigurazione di una figura all’interno del tuo lavoro?

P.Z. In effetti, ci sono stati lunghi periodi in cui non ho affrontato la figura, ma questa è stata sempre presente all’interno del mio percorso. In realtà la figura mi interessa in quanto corpo, cioè non la osservo per le qualità che essa può esprimere come bel soggetto. Ho studiato a lungo la figura ma sempre con uno sguardo verso gli elementi che interagiscono con essa e che la trasformano come l’acqua, l’aria o la luce. Mi interessa la massa del corpo in relazione ad un altro elemento sia esso liquido o solido. Non mi interessa la bella figura. Avendo,in passato, studiato danza, ho sentito su me stesso il senso del corpo che prende e da forma allo spazio nel dialogo con l’aria e con la musica. È l’interazione fra gli elementi che diventa scintilla interessante da dove partire per la pittura. Con il lavoro Flyby 5 frammenti video realizzato con Donatella Capraro, ho dedicato un’importante approfondimento allo studio del corpo in acqua in relazione con gli elementi mutanti. A questo lavoro ho dedicato circa dieci anni del mio percorso, producendo oltre ai video dei grandi quadri e molti pastelli.

 

F.S. 2 Gran parte delle tue opere sono realizzate su medio–grandi formati dal forte impatto evocativo. Come ti relazioni o come senti lo spazio pittorico? Hai mai avuto difficoltà nel percorrerlo e muoverti all’interno di esso?

P.Z. C’è stato un primo momento all’inizio del mio percorso, finita l’Accademia,  in cui  mi ero innamorato dello spazio pittorico di Attilio Forgioli. Uno spazio dove le tensioni pittoriche, spesso, sono concentrati per nuclei, in una posizione quasi sempre al centro della tela. L’innamoramento fu tale che è stata una fatica venirne fuori; diciamo che mi ha salvato lo spazio materico di Morlotti, un altro amore che mi ha indicato una via sicura. Da questi maestri ho imparato che non si può gestire lo spazio della pittura timidamente. Per disperazione, ogni volta che decidevo di tentare il tutto per tutto con rischio di perdere il quadro, in realtà lo salvavo, perché in quell’agire nasceva sempre una nuova risposta che  mi aiutava a trovare la via per procedere. Oggi guardo lo spazio della tela con più calma, che non significa con meno tensione, e mi muovo su di essa come se dovessi spostare degli oggetti su di un tavolo. Diventa un’orchestrare gli elementi che si presentano, colori, segni, sensazioni, materie.

 

F.S. 3 Nei tuoi primissimi lavori, la pittura si presentava fluida e trasparente. Quando hai iniziato ad avvertire la necessità di utilizzare la materia con più energia?

P.Z. Osservando oggi i miei primi lavori vedo che l’energia è stata sempre presente; è cambiato nel tempo il modo di gestire la pennellata e la quantità di pigmento. Forgioli e Morlotti convivono sempre all’interno del mio lavoro. Quando inizio un quadro comincio con dei colori trasparenti che sovrapponendosi mi suggeriscono altre vibrazioni e così via in un crescendo di sovrapposizioni che poi generano la massa materica. Ma ad una più attenta osservazione il colore liquido ritorna sulla materia. Ha osservato bene, in tutto l’arco del mio percorso, Franco Sarnari quando afferma che la mia pittura ha un moto ciclico come l’onda del mare e cioè come il colore che dal fondo della tela  ritorna in superficie e viceversa in un continuo moto. Questa è un’osservazione acuta di chi ha macinato pittura da una vita.

 

F.S.4 Nell’ultimo capitolo del mio elaborato di tesi “Il carattere tattile della pittura”, discuto sul fatto che la pittura possiede non solo qualità visive ma anche tattili. Pensi anche tu che il fruitore delle tue opere sia spinto non solo ad osservare ma anche a toccare la materia costitutiva?

P.Z. Accarezzare la pelle della pittura è un atto che mi veniva spontaneo già quando ero studente e osservavo le opere dei maestri. L’istinto di toccare i quadri può nascere anche dall’esigenza di conoscere la materia pittorica perchè attraverso il tatto passano informazioni importanti e poi c’è un’attrazione sensuale per la superficie dell’opera. Mi capita spesso che collezionisti o semplici osservatori mi confessano di sentire un’irresistibile attrazione verso la superficie dei miei lavori, e questo accade anche con i più giovanissimi. Capisco da dove parte l’impulso, proprio perché l’ho sperimentato anch’io per primo e sono contento che questa sensazione passi a chi osserva.

 

F.S. Concludendo..

Se dovessi darmi un consiglio spassionato per il proseguo della mia carriera quali elementi mi consiglieresti di non tralasciare?

P.Z. Fai tutte le esperienze che ritieni importante fare e vivi l’ambiente dell’arte con molta leggerezza. Il talento che ti contraddistingue proviene da altro ed è questo “altro” profondo e nascosto che è prezioso e che ti consiglio di preservare nel silenzio del tuo studio e nell’ascolto attento e intelligente  di esso.

Auguri per il tuo lavoro

Piero Zuccaro