Se esiste un luogo dove immaginare la materia della prima creazione del mondo, quello è il luogo dove la terra ed il fuoco si incontrano, prima nel magma incandescente della lava e poi, in presenza dell’aria calda e fredda insieme, in quel deposito asciutto che il vulcano ci ha offerto come testimonianza di una esistenza primordiale.

Piero Zuccaro conosce l’Etna, conosce questa materia e la veste della sensibilità di un colore che lascia trasparire quel fondo con  stesure frammentate, dallo spessore aspro, che si coniugano con la poetica delicatezza di rapporti cromatici sensibili alla luce e negati alla casualità, per riprodurre la eco di una immaginazione figurativa educata ad essere occultata.

Tracce di una memoria delle forme che emergono, si allontanano, alternativamente, per evocare i suoni dell’acqua di una fontana o per suggerire il fruscio di girasoli al vento.

Riduttivo immaginare il lavoro di Zuccaro soltanto nella continuità di un espressionismo astratto che vide, tra altri, affiorare negli anni quaranta il genio di Jackson Pollock, perché non emergerebbe il contributo alla sua pittura dei valori di una terra vicina al mare, delle emozioni legate ad una natura madre e qualche volte matrigna.

Colpisce l’oscillare nelle trame delle sue opere tra i blu liquefatti di cielo e di mare e le terre sottese, dove l’ombra conquista il fondo e si cretta: più in superficie i riflessi lasciano immutata la sensazione di una energia profonda inevitabilmente emergente, matura e consapevole, traccia inequivocabile di un bisogno insopprimibile di luce.

Mi piace immaginare i gesti nella pittura di Zuccaro, quasi una danza rituale intorno all’opera che ancora mi rimanda a Pollock, seppure spostata in verticale, ma altrettanto ricca di pathos.

Osservo il suo lavoro e avverto gli umori di una materia in divenire, attraversata da fumi di zolfo, come in un gabinetto alchemico dove si consuma la ricerca senza tempo della pietra filosofale: poi si apre una finestra ed improvviso arriva il profumo delle zagare e  l’incerto variare dei colori del mare.

Fiori d’acqua su superfici di terra.

 

 

                                                                                              Massimo Riposati